Domenica d’agosto: come riempire il giornale? Cosa mettiamo in prima pagina? Niente paura: diamo l’incarico a una delle nostre superpagate “firme”. Ci penserà lui.
E infatti.
Nella noia totale dei reciproci piagnistei Di Maio-Salvini, cosa c’è di meglio che partire in quarta contro l’incultura dei nuovi vandali stranieri per poi stracciarsi le vesti davanti al decadimento culturale dell’Italia contemporanea? Aldo Cazzullo viene a sapere che cinque o sei anglofoni (secondo lui probabilmente “ammerecani”) hanno pisciato contro l’abside di Santa Maria del Fiore. Prima ancora di esternare la sua indignazione, la cosa gli dà il destro di erudire il lettore: la cupola del Duomo sta in piedi perché Filippo Brunelleschi riscoprì il modo di voltare le cupole, che i Romani conoscevano ma i barbari avevano fatto cadere nell’oblio. (Peccato che non sia esattamente così: i Romani costruivano sì le cupole, come per esempio quella del Pantheon, ma con un’altra tecnica. Brunelleschi ne inventò una completamente nuova).
E dopo una colonna di doverosa esecrazione per gli americani bifolchi che vengono in Italia a pisciare contro i monumenti o ad accoltellare i carabinieri, possiamo andare a pagina 28 per farci spiegare che è colpa nostra. Perché, signora mia, una volta noi andavamo all’estero attenti e compunti “per non farci riconoscere”, oggi sbraghiamo in casa e fuori, e i beceri stranieri che piovono qui si ritengono in diritto di sbragare pure loro.
Ma che vergogna! E allora, cosa dobbiamo fare? Cazzullo ha le idee chiare: bisogna fare un grande lavoro di ricondizionamento mentale. Dobbiamo ricostituire la rule of law, far vedere a noi stessi e agli altri che lo sbrago viene punito, il danno riparato, la decenza restaurata. E non è una cosa semplice: ci vogliono le strutture, il personale, l’acculturamento della società. Insomma, una cosa da poco: il ripristino del “Primato Morale e Civile degl’Italiani” di giobertiana memoria.
Peccato che l’Aldo nazionale abbia tralasciato di specificare che lo sbrago italiota non è piovuto dal cielo: ce lo siamo voluto noi, in un cinquantennio di stronzate radical chic. Quando andavamo all’estero compunti “per non farci riconoscere” (e ci andavamo in tanti modi: da gran signore chi se lo poteva permettere, ma anche con la valigia di cartone per morire nelle miniere del Belgio o nella stiva dei transatlantici per crepare di fame in Argentina) avevamo tutti una cultura. Tutti: anche chi non aveva studiato, anche gli analfabeti. Perché la cultura è nell’aria che si respira e, come tutte le cose complicate, ci vogliono secoli per istituirla ma bastano pochi anni per mandarla a quel paese.
La scuola come l’aveva pensata Giovanni Gentile era antiquata, elitaria, fascista? Può darsi (ma non ne sono convinto). E quella attuale che cos’è? A cosa si deve lo sbrago generale, l’incultura dilagante, se non al fallimento della scuola?
Ebbene, illustre Cazzullo, grande firma del Corrierone: se riesci a svolgere il tuo compitino fino a ricordare che il campanile di Sant’Andrea delle Fratte è del Borromini (bravo, sette più), perché non spingi il ragionamento fino a identificare le cause dello sbrago? Perché non ci risparmi il solito piagnisteo sulle strutture che mancano, e invece non piangi su quelle che abbiamo distrutto? Forse perché non è chic, o non è radical. O perché, in fondo, dovevi soltanto fare un articolo da domenica d’agosto. Dello sbrago italiano non te ne frega un cazzullo.
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