Una recensione a “Il Caravaggio scomparso”

Francesco Improta per “Il Caravaggio scomparso” di Riccardo Ferrazzi

         Il Caravaggio scomparso di Riccardo Ferrazzi

                                                            Golem Edizioni

Riccardo Ferrazzi nella sua ultima opera Il Caravaggio scomparso, (Golem edizioni, 13,90 €), agganciandosi al genere giallo, si diverte a raccontare con piglio deciso e ritmo serrato vizi e pregi di una cittadina di provincia dell’operosa Lombardia.

La vicenda si svolge a Busto Arsizio, una cittadina con una ricca composizione etnica e sociale, dove il proprietario di una delle tante fabbrichette disseminate sul territorio scompare improvvisamente, senza lasciare tracce. Il figlio dell’industriale in questione anziché rivolgersi ai Caramba, come vengono chiamati i Carabinieri nel linguaggio quotidiano e colorito adottato dall’autore in tutta la narrazione, affida l’incarico a un aspirante giornalista che lavora, sottopagato e poco apprezzato, per il quotidiano locale, La Subalpina. Il giovane, che ha alle spalle una situazione economica e familiare alquanto precaria (la moglie lo ha abbandonato per ritornare dai genitori e per coltivare una nuova relazione sentimentale) spera di fare uno scoop che gli consenta di sistemarsi nel giornale con uno stipendio più congruo e ben altre prospettive. Colombo – è questo il suo nome, suggerito molto probabilmente dal protagonista di una famosa serie televisiva americana – viene catapultato in un’avventura pericolosa, piena di colpi di scena: un incendio, minacce, pedinamenti, percosse e addirittura il furto di un’opera d’arte. Mi sembra doveroso, a questo punto, astenermi dal procedere oltre lasciando ai lettori il piacere di scoprire gli ulteriori sviluppi di questa intricata e avvincente narrazione.

Si tratta, come abbiamo anticipato, di una vicenda dai contorni gialli ma dai toni soft. Non ci sono spargimenti di sangue né scene truculente e la violenza è ridotta ai minimi termini, ad un bernoccolo sulla testa del giornalista, che tra l’altro è l’Io narrante, e al taglio degli pneumatici della sua autovettura. Lo spunto iniziale, apparentemente banale (la scomparsa dell’industriale) ben presto, però, si dilata e finisce col mettere il nostro (anti)eroe di fronte alla mafia o meglio a una delle tante diramazioni della mafia siciliana, la Stidda. Affiora e prende piede un fatto di cronaca, avvenuto nel lontano 1969, il furto della Natività del Caravaggio dall’oratorio di San Lorenzo a Palermo. Su questo episodio, che a distanza di più di cinquanta anni, nonostante le indagini frenetiche e disomogenee condotte dalle forze dell’ordine e dalla Commissione antimafia, è ancora avvolto nel mistero più fitto, sono state avanzate alcune ipotesi più o meno attendibili e altre decisamente fantasiose. Si è persino pensato che il quadro sia stato rubato per farne merce di scambio nelle trattative Mafia-Stato. Sull’argomento sono stati scritti diversi libri, di cui il più recente è quello di Michele Cuppone ed è stato realizzato un film abbastanza interessante¸ Una storia senza nome, di Roberto Andò. Non è però del furto che dobbiamo parlare e del resto Ferrazzi ne scrive solo in quanto l’indagine di Colombo, lo sprovveduto giornalista, s’intreccia ad un certo punto con la mafia. Sono i personaggi che a noi interessano, le relazioni e le dinamiche psicologiche che ne guidano le azioni: Apollonia l’angelo salvifico, almeno tale sembra in apparenza, che si prende cura di Pietro Colombo quando si reca all’ospedale con una ferita lacero-contusa in testa; Salvatore Navarra, originario di Gela come il venti per cento della popolazione di Busto Arsizio, tipico esponente di quegli “industrialotti” del nord che ostentano come un trofeo la loro amante, giovane, procace e platinata, e con altrettanta fierezza la loro fabbrichetta di cui sono ancora più gelosi tanto che vanno a dormire con la chiave dello stabilimento nella tasca del pigiama; Laura, l’antiquaria di Lugano, vera e propria dark lady, il capitano Gambardella, rigido e inflessibile capitano dell’Arma. Non mancano, poi, riferimenti al mondo chiuso della provincia, dai ritmi lenti e cadenzati con le sue piccole virtù e i suoi vizi, verso i quali l’autore essendo originario di quei luoghi (un bustocco doc), si mostra tollerante e indulgente, utilizzando talvolta colorite espressioni dialettali. Si rileva anche un implicito omaggio alla squadra della sua cittadina, la Pro Patria, che aveva militato con onore nella Divisione Nazionale, non a caso la scena campale si svolge dinanzi al glorioso stadio di calcio. Affiorano anche denunce più o meno larvate nei confronti di un giornalismo pettegolo e compiaciuto e nei confronti di ammi­nistrazioni miopi e incapaci che con i loro piani regolatori e i conseguenti sventramenti hanno procurato più danni della stessa guerra. Frequenti le citazioni cinematografiche (personaggi come Rambo, Indiana Jones e Sandokan o attori come Clint Eastwood, Tom Cruise) e letterarie (L’inverno del nostro scontento e il canto dell’allodola da William Shakespeare) che impreziosiscono l’agile, colorita e vivace narrazione di Ferrazzi, permeata di ironia o meglio ancora di autoironia, di quella superiore saggezza capace di fare i conti innanzitutto con sé stessa.  Da sottolineare, infine, l’abitudine che ha precedenti illustri dagli antichi poeti ed oratori latini fino ad Alessandro Manzoni passando per Dante e Petrarca, di rivolgersi ai lettori per mantenere un contatto diretto con gli stessi e per renderli partecipi delle sue riflessioni ed emozioni.

Valga come esempio del suo stile il brano seguente:

    Il dottor Ermenegildo Castiglioni, commercialista iscritto ai Lyons, al Rotary e forse anche alla massoneria, era uno di quelli che hanno tutte le amicizie giuste, il che faceva di lui il perfetto presidente del collegio sindacale. Peccato che avesse il vizio di parlare per allusioni e di divagare senza concludere mai un discorso: restare invischiati nella sua conversazione significava perdersi in un labirinto di sottintesi, non riuscire mai a interloquire e ridursi ad annuire come un babbuino annaspando nel flusso della chiacchiera fino a sventolare bandiera bianca.

Un divertissement colto, colorito e graffiante non privo di implicazioni culturali, sociali e politiche da gustare lentamente senza farsi prendere dalla smania di sapere come va a finire.

                                                                                   Francesco Improta

Informazioni su riccardo ferrazzi

Tutto quel che c'è da sapere sul mio conto è che ho scritto un paio di romanzi e qualche racconto. Comunque, per non sembrare scontroso, vi dirò che sono nato nella prima metà del secolo scorso (quindi, anche se mi piacciono le donne, sono ormai inoffensivo), che ho lavorato finché non mi è caduta addosso la depressione, e che adesso passo il tempo a leggere e scrivere (perché non ho niente di meglio da fare).
Questa voce è stata pubblicata in Uncategorized. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento